Un pastificio all’avanguardia immerso tra i campi di grano: qui si produce la pasta agricola più amata dagli chef.
Tra i piatti proposti nei menù la pasta è quasi sempre citata solo indicando il nome del formato. Tranne in rari casi: lo spaghettone Mancini è uno di questi, trattato nelle carte dei ristoranti al pari di ingredienti caratterizzanti quali il Tartufo Bianco d’Alba o la Fontina d’Alpeggio. Quasi un marchio di qualità ante litteram, un messaggio diretto a chi è seduto a tavola: la selezione dello chef tiene in grande considerazione la materia prima e la sua valorizzazione. La nomea di questo pastificio agricolo di Monte San Pietrangeli (Fm) non è dovuta – come in altri casi – solo alla storia o all’originalità dei prodotti. A rendere unico Mancini è un mix di tutto questo, unito alla ricerca continua e a un’attenzione spasmodica per il rispetto di ciascun passaggio dal campo alla pasta.
Il pastificio prende origine dall’azienda agricola fondata sulle colline marchigiane nel 1938, nella stessa regione di provenienza di Nazareno Strampelli, agronomo genetista divenuto poi di fama mondiale grazie ai suoi studi sul grano duro. All’inizio la produzione si indirizza sulle varietà “San Carlo” e “Levante”. Oggi la selezione varietale annovera invece 4 grani duri: Maestà, Nazareno, Nonno Mariano e Farah. Nel tempo la visione agronomica Mancini si concentra sullo sviluppo del protocollo “Buona Pratica Agricola”, ovvero l’insieme di regole per una gestione ecocompatibile e sostenibile delle attività agricole al fine di produrre una materia prima della più alta qualità e salubrità col minor impatto ambientale possibile e residuo chimico zero.
La ricerca in campo cerealicolo, che è da sempre un patrimonio marchigiano, trova una notevole sensibilità nel progetto di Mancini Pastificio Agricolo. Le varietà di grano duro vengono infatti selezionate in collaborazione con l’agronoma genetista esperta di cereali Oriana Porfiri per meglio esprimersi nel territorio e nel processo di pastificazione Mancini. In tale ottica si contribuisce allo studio e allo sviluppo naturale di nuove varietà di grano duro, in una regione storicamente all’avanguardia nel campo della ricerca sui cereali.
Esemplare, in questo lavoro di studio, è il caso del Turanico, una sottospecie antica di grano duro, selezionata dall’uomo più di 4.000 anni fa nella regione del Khorasan (Nord-Est dell’Iran), che si è diffusa anche in Italia in tempi antichi ma è stata ben presto dimenticata. L’idea di puntare sul grano Turanico si è rivelata interessante perché questo cereale ha una particolare caratteristica: un glutine poco tenace e facilmente digeribile, come hanno riscontrato diversi studi ed oggi è protagonista di una linea dedicata.
Oltre alla selezione varietale, la filosofia produttiva poggia le sue basi su solide competenze agronomiche. Il grano viene raccolto in estate, a luglio, quando ha raggiunto la naturale maturità, per poi essere pulito e stoccato con la tecnica del freddo. La molitura avviene durante l’arco dell’anno in base alle esigenze produttive: questo permette di pastificare sempre la semola fresca. Nel cuore dell’azienda agricola, circondato dai campi di grano, si trova il pastificio, inaugurato nel 2010, voluto da Massimo Mancini , esponente della terza generazione della famiglia. La struttura viene realizzata per essere a basso impatto ambientale, con l’impiego di soli 3 elementi: legno, cemento e vetro.
La tecnologia è messa al servizio del sapere artigianale e dell’espressione delle importanti caratteristiche nutrizionali dei grani coltivati: per esempio, nell’essiccazione lenta e a bassa temperatura, ogni variabile viene gestita digitalmente. Per ogni formato di pasta viene progettata e realizzata una specifica trafila di forma circolare e con inserti in bronzo e la combinazione dei principi di temperatura, umidità, ventilazione e riposo è pensata per asciugare Pasta Mancini a temperature al di sotto dei 55° C, con punte minime di 36° C, che consente di ottenere una pasta dalla giusta carnosità e consistenza, con una porosità che si adatta perfettamente ai diversi tipi di sughi.
Anche il packaging, ultimo miglio di un processo di produzione partito dal seme, ha la sua importanza: ogni confezione, infatti, reca l’annata del raccolto come a sottolineare che la pasta è un prodotto vivo, figlio dell’annata agraria e quindi ne esprime le caratteristiche una volta nel piatto. A questa attenzione si somma, dal 2021, la presenza di un QR-Code stampato sul fondo, scannerizzando il quale è possibile conoscere istantaneamente dati quantitativi e temporali delle principali fasi di produzione, verificabili grazie alla tecnologia Blockchain. Una catena di blocchi virtuali per garantire ai consumatori, in qualunque parte del mondo, la zolla di terra da dove proviene la pasta. La più alta tecnologia al servizio di una qualità artigianale.