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La Vie en Rosè verso Château Lèoube

I rosati provenzali rappresentano tuttora un’eccellenza per scelta del terroir e stile di vinificazione:
conosciamo quelli prodotti a Bormes Les Mimosas.

Nel 1946 prendeva il via la prima vera edizione del festival di Cannes. Solo qualche mese prima la
cantante Edith Piaf scriveva la Vie en Rose, uno dei brani più famosi di tutti i tempi e vero e
proprio inno di una Francia che rialzava la testa dopo la disfatta della Seconda Guerra Mondiale.
Due decenni dopo, quel tratto di costa che va all’incirca da Nizza a Saintes-Maries-de-la-Mer
diventa protagonista delle vacanze del jet set internazionale. A metà degli anni Cinquanta Brigitte
Bardot cammina – baguette sotto braccio – tra le vie di Saint Tropez, ex villaggio di pescatori che
aveva già conquistato da Hemingway a Colette, da Picasso a Coco Chanel. La Vie en Rose
cantata da Edith Piaf parte da Parigi per arrivare sulla costa facendo riscoprire nei ristoranti e nei
locali à la page il vino simbolo di questa regione, il rosé, che complice il profumo suadente e il
colore luminoso, riempie i calici. Si tratta per l’appunto della riscoperta di un vino rimasto per anni
ai margini, schiacciato dall’immagine delle grandi denominazioni d’Oltralpe, per poi recuperare
buona parte della produzione – in termini quantitativi e qualitativi – già negli anni Trenta del
Novecento quando i francesi in vacanza nel Sud (le prime ferie pagate in Francia portano la data
del 1936) lo chiedono con sempre maggiore insistenza.

Un curriculum di lungo corso, quindi, ben lontano dall’attuale passione per i rosé, che dopo aver
valicato le Alpi ha finito per coinvolgere quasi tutte le regioni italiane. Il rosé francese o, ancor
meglio, provenzale, ha una dignità secolare e, nel suo territorio d’origine, caso pressoché unico
nel panorama europeo, è il primo vino della gamma. Questo implica selezione clonale, ricerca dei
migliori terreni, vigne dedicate. Significa – ed è questo che oggi fa la differenza accanto all’allure di
Brigitte Bardot – una cultura del rosé che ha portato ad avere risultati significativi.

CHATEAU LEOUBE

In questa storia se ne innesta una seconda, altrettanto interessante che della Costa Azzurra ha il
fascino e i colori. L’inizio porta la data del 1997, anno in cui i coniugi Carole e Anthony Bamford,
già produttori vitivinicoli in Inghilterra, trovano in Provenza il loro Domaine dei sogni: Château
Léoube
. Questa tenuta di circa 160 ettari è come una “Bella Addormentata”, una principessa da
fiaba con incredibili potenzialità solo da risvegliare. Per interpretare il principe, in questo caso,
viene chiamato Romain Ott, della famiglia fondatrice del Clos Mireille, nome iconico della Côtes
de Provence. Sarà lui ad affiancare i coniugi Bamford nella conversione al biologico e nel
rinnovamento dei vigneti, prima, e quindi nella conduzione dei vigneti e della cantina. La prima
bottiglia viene presentata dieci anni dopo ed è, naturalmente, un rosato che diventa il colore
iconico dei vini di questa cantina: tuttora infatti i rosé rappresentano all’incirca l’85% della
produzione.

La posizione delle vigne a pochi passi dal mare, in un plateau ventilato davanti alle Iles d’Or, un
terreno scistico, sabbioso, che qui chiamano “cristallin”, l’escursione termica e il perfetto blend
dei vitigni mediterranei sono alla base del successo delle loro etichette. In particolare due, Love
by Léoube Rosé Brut
e Love by Léoube Rosé Côtes de Provence, rappresentano la filosofia di
questa cantina capace di puntare sul territorio più che sulle note varietali come accade spesso in
Provenza. Vini quindi che cercano l’armonia del sorso, con un’identità ben definita anche tra le
diverse annate proprio grazie a questa capacità di lavorare sul mix delle uve. Il protocollo di
lavorazione è sempre lo stesso: utilizzo di uve giunte allo stesso punto di maturazione e nessuna
macerazione sulle bucce se non quella in pressatura diretta (pressing rosé).

Il primo è un metodo charmat da uve Cinsault, che dà corpo e Grenache, che dona eleganza. Il
risultato è un vino delicato, dai profumi di melograno e agrumi, il sorso rotondo, la bolla fine. Il
secondo ha lo stesso uvaggio con in più una piccola percentuale di Mourvèdre che cede tannini e
spezie. Il risultato è un rosé dai colori tenui, il naso delicato che lascia spazio alle note fruttate. Il
meglio però arriva in bocca dove questa ricerca di equilibrio che contraddistingue Château
Léoube si esprime al meglio in un sorso fresco, croccante, di delicata acidità e con la sapidità che
contraddistingue, come una firma, i vini di questa cantina.

Un’ultima curiosità: osservando i colori rosso e bianco della bandiera di Saint-Tropez il pensiero
corre immediatamente all’antica Repubblica di Genova. E non è un caso: fin dal XV secolo, infatti,
la cittadina francese e i suoi dintorni erano feudo dei genovesi Garessio che portarono qui diverse
famiglie di coloni, motivo per cui – tuttora – molti cognomi provenzali evocano l’origine ligure. La
Vie en rose (e en rosé) tra Genova e Costa Azzurra era iniziata già allora

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