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Guido Zampaglione e la sfida del tempo

Un produttore fuori dagli schemi che da vent’anni punta su agricoltura organica in zone marginali e sulle lunghe macerazioni: il tempo il suo alleato più prezioso.

Quando Guido Zampaglione ha acquistato la sua prima proprietà nell’alessandrino, all’inizio degli anni Duemila e si è stabilito in questa vecchia casa di campagna insieme alla moglie Igiea Adami, in pochi avrebbero scommesso su di lui. Irpino, giovanissimo, che inizia a coltivare le vigne in una zona da sempre considerata a margine delle grandi denominazioni, dalla Barbera d’Asti al Dolcetto d’Acqui al Moscato. Lì, a Gamalero, iniziano le prime colline che in una manciata di chilometri conducono a Nizza, Strevi, Ovada. Qualche anno dopo, un altro progetto, questa volta nella sua Irpinia, con il Fiano coltivato tra i 650 e gli 800 metri, nella fascia dove solitamente le vigne finiscono e lasciano posto alla boscaglia. Anche in questo caso, il margine, il confine.

Una parola, margine, che torna spesso, nella storia della famiglia Zampaglione al punto da utilizzarla per dare vita a ZAM Organica sigla di Zampaglione Agricoltura Marginale Organica, una rete di imprese nata per ragioni organizzativa ma nel contempo specchio della filosofia di questo produttore che ha sempre visto i confini come una sfida. “Ho iniziato viaggiando molto, dall’Irpinia alla Sicilia fino a Montpellier e poi nel reggiano, in un’azienda che a fine anni Novanta aveva già abbracciato l’agricoltura senza chimica. Un momento formativo importante perché lì ho capito come volevo fare agricoltura”.

Poi inizia la propria attività, in Piemonte (di dove è originaria la moglie che tuttora conduce un’azienda risicola nel vercellese), mette radici tra alessandrino e acquese dove possono avere sviluppi interessanti vitigni come la barbera, il dolcetto, ma anche la freisa e, soprattutto, il cortese. Vitigno piemontese a bacca bianca per eccellenza, anche se con parentele nell’area del Soave (dove si chiama fernanda), il cortese salvo qualche eccezione – leggi Gavi – in Monferrato è da sempre consumato fresco, come vino da pasto, semplice, diretto. Le potenzialità però sono ben altre e Guido è deciso a tirarle fuori, con la macerazione e il tempo. “Il 2003 è un’annata calda, siccitosa, le uve cortese vengono pagate poco. Decidiamo di tenerne una parte per noi, per sperimentare un vino bianco da invecchiamento”.

I risultati vanno ben oltre le aspettative: nasce così il Baccabianca. “E’ l’etichetta che mi ha cambiato un po’ la vita: mi sono reso conto che stavo percorrendo la strada giusta. Avrei fatto solo vini da invecchiamento, senza distinzione tra bianchi e rossi”.

Con il Fiano prodotto nell’azienda Il Tufiello in Alta Irpinia la vinificazione segue le stesse caratteristiche: utilizzo di soli lieviti indigeni, macerazione di circa 60 giorni sulle bucce poi lungo invecchiamento in acciaio e quindi in vetro. Qui sono due le etichette, Sancho Panza e Montemattina, con il secondo che esce con un invecchiamento ancora più lungo. “Usiamo la macerazione di uve non surmaturate e l’invecchiamento solo in acciaio per far uscire tutte le peculiarità del vitigno. Non vogliamo fare vini macerati che si assomiglino, ma vini che rispettino le uve originarie e sappiano evolvere nel tempo. Non dobbiamo farci coinvolgere dalla macerazione, ma utilizzarla per raggiungere i nostri scopi: volevamo fare dei vini bianchi, in Piemonte come in Irpinia, che potessero essere bevuti anche dopo venti, trent’anni. Oggi, riassaggiando le prime bottiglie, posso dire che è così”.

Il terzo tempo di Guido Zampaglione porta ancora i colori del mare, questa volta però della Liguria, Golfo del Tigullio. Una proprietà in stato di abbandono sopra Santa Margherita Ligure, poco più di un ettaro di vigneto terrazzato che liberato dai rovi ha lasciato intravedere i suoi muretti a secco. Quindi l’idea di puntare su un solo vitigno, raro, antico, profondamente ligure: lo ximixà. “Cercavo un vino dalla grande personalità, con caratteristiche che potessero essere valorizzate dal mio modo di vinificare. L’ho trovato in questo vitigno antico, raro (al momento viene prodotto da un pugno di aziende) dopo aver assaggiato quello prodotto da un amico. Ho trovato un vino di carattere che può rispecchiarsi bene nella mia filosofia”.

La prima piccola vendemmia nel 2021, l’invecchiamento è ancora in corso. I rossi, attualmente prodotti solo in Piemonte, seguono la stessa strada: lunghe macerazioni, invecchiamento in botte grande (invece che in acciaio come per i bianchi) e un assaggio che si protrae nel tempo. Vinifica i vitigni in purezza, eccetto che per il Pecoranera, l’unico in uvaggio. “Ci sono barbera e dolcetto, ma abbiamo lasciato dominante il freisa che porta tutta la sua complessità e nella sua evoluzione assume le sfumature di certi nebbioli”.

Anche l’assaggio sia nei bianchi sia nei rossi richiede stessi tempi e accortezze. Bisogna lasciare riposare il vino qualche minuto nel bicchiere, deve essere ossigenato, le sfumature vanno colte in più assaggi. Sono vini che necessitano attenzione per essere apprezzati in tutta la loro espressività.

Una caratteristica che a inizio anni Duemila, quando siamo usciti, è stato difficile trasmettere al pubblico”, soprattutto per i bianchi, che invece oggi vivono un momento di grazia. Zampaglione però resta fuori dalle tendenze, prosegue con la sua idea e la sua filosofia. Nel suo racconto si intrecciano i ricordi della nonna che faceva il vino in Irpinia e il futuro rappresentato dai suoi figli che oggi fanno canottaggio ma domani, come gli Abbagnale, potrebbero tornare alla vigna. Ancora una volta il tempo è la cifra di lettura dei suoi vini, passato e futuro. Così come il margine, il confine: fuori dalle grandi denominazioni, dagli stili e dalle tendenze seguendo semplicemente la propria identità. Dove il confine non è un limite, ma una porta.

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