Riassunto
Negli anni Settanta, i cinque figli di Armando e Maria Timossi entrano in azienda portando nuove energie, competenze e idee. Con la loro unione e la guida dei valori trasmessi dal padre, danno inizio al primo vero passaggio generazionale della storia Timossi. A raccontarlo, come sempre, è Elisabetta Timossi, voce della memoria e testimone di una storia che continua.
Dopo aver raccontato le origini e la visione del fondatore Armando Timossi, proseguiamo il nostro viaggio nella storia della famiglia con la seconda generazione.
Tra il 1957 e il 1973, Armando e la moglie Maria ebbero cinque figli — Massimo, Elisabetta, Carla, Raffaele e Federico — che, uno dopo l’altro, entrarono in azienda contribuendo alla sua crescita e trasformazione.
Negli anni dei grandi cambiamenti, tra l’introduzione delle nuove tecnologie e l’evoluzione del mercato, i fratelli Timossi hanno saputo mantenere saldi i valori trasmessi dal padre: il rispetto, la dedizione e la capacità di rinnovarsi senza perdere le radici.
A raccontare questa seconda tappa del percorso è ancora una volta Elisabetta Timossi, voce della memoria e testimone diretta del primo, vero passaggio generazionale.
Parliamo del vostro ingresso in azienda…
Un po’ come in tutte le famiglie, progressivamente ognuno di noi cinque figli, durante il suo percorso di crescita, si è ritrovato ad un certo punto a decidere se proseguire gli studi o iniziare a lavorare. E ogni volta, quando protendevamo per questa seconda opzione, papà si è sempre dimostrato pronto ad accoglierci in azienda, felice che avessimo deciso di aiutarlo in quello che per lui, oltre ad essere un lavoro, rappresentava una vera e propria missione.
Era Armando a decidere quale ruolo affidarvi all’interno dell’azienda oppure eravate voi a scegliere di cosa occuparvi?
Così come gli aveva insegnato sua madre, papà diceva sempre che “per saper comandare bisogna prima saper lavorare”. Per questo all’inizio non ci venivano mai affidate mansioni importanti, ma partivamo da zero come tutti. Era però consuetudine per l’epoca, per via dell’impegno fisico richiesto, far iniziare gli uomini dal magazzino e le donne dall’ufficio. Per quanto riguarda le mansioni successive alla gavetta, beh, sì, forse in parte è stato anche papà ad indirizzarci, ma generalmente siamo stati noi a scegliere cosa fare.
Massimo è sempre stato addetto al magazzino e ancora oggi, che svolge il ruolo di Presidente dell’azienda, non riesce a stare lontano dagli scaffali. Io, avendo studiato Ragioneria, sin da subito sono entrata in ufficio occupandomi di tutto ciò che riguarda la contabilità. Carla dopo i primi anni in negozio, venne ad affiancarmi nelle attività contabili e amministrative, per poi arrivare a dedicarsi alla gestione dei fornitori in ambito Spirits e di tutti i flussi operativi. Gli ultimi ad arrivare in azienda, quasi contemporaneamente, furono Raffaele e Federico, entrambi inizialmente impiegati in magazzino. Successivamente, Raffaele passò agli uffici per seguire meglio il reparto commerciale.
Quindi ancora oggi, dopo quasi 40 anni, lavorate tutti e cinque in azienda. Come siete riusciti a rimanere così uniti?
Una cosa che papà Armando ci ha sempre insegnato è il rispetto dei ruoli reciproci e la forte convinzione che, se davanti a qualsiasi cosa si antepone la volontà di andare d’accordo, le cose funzionano. Seguendo questo insegnamento, apparentemente semplice ma davvero fondamentale, devo dire che non abbiamo mai avuto problemi e, in effetti, oggi, in Italia, aziende a conduzione famigliare ancora così fortemente unite non ne esistono molte.
Ovviamente, come in tutte le famiglie, essendo cinque fratelli con caratteri e personalità diverse, è capitato e succede tutt’ora che qualche volta non si vedano le cose allo stesso modo, ma partendo dal rispetto e la fiducia che nutriamo reciprocamente, devo dire che troviamo sempre un modo per arrivare a decisioni comuni.
Un’altra regola di nostro padre che può sembrare un po’ “severa” ma che ci ha ripagato nel tempo, è stata quella di non coinvolgere i coniugi all’interno dell’azienda. Tenere separati i rapporti affettivi della famiglia acquisita dal lavoro in azienda con la propria famiglia d’origine, è sempre stato un modo, per lui e per noi, per tutelare sia i rapporti personali che quelli lavorativi.
Cos’è successo con la morte di Armando? Il fatto che non ci fosse più un solo “Capo”, un unico punto di riferimento per l’azienda, vi ha in qualche modo destabilizzato o portato a fare cambiamenti importanti?
La mattina successiva alla notte in cui è mancato eravamo tutti sconvolti, perché, nonostante l’età (aveva passato gli Ottant’anni), papà era ancora lavorativamente molto attivo e nessuno di noi se lo aspettava in quel momento.
Al di là del turbamento emotivo, però, non ci sono stati sconvolgimenti particolari. Papà aveva lavorato bene anche su questo aspetto, affidando a ciascuno di noi mansioni ben definite. L’unico per cui, lavorativamente, le cose sono un po’ cambiate è stato Raffaele che, dopo la morte di papà, iniziò ad occuparsi maggiormente delle relazioni con i vari e sempre crescenti stakeholder a livello nazionale, mansioni prima svolte da nostro padre.
Tra la generazione di Armando e la vostra, è cambiato qualcosa nel vostro modo di lavorare e nel rapporto con dipendenti e fornitori?
Sicuramente rispetto all’epoca di papà molte cose sono cambiate.
Ci siamo trovati ad affrontare le classiche difficoltà di un’azienda che passa dalle piccole alle medie-grandi dimensioni: abbiamo dovuto ridefinire meglio alcuni ruoli, riorganizzare i reparti e diventare un po’ più “strategici” nelle scelte di investimenti futuri, cercando di restare al passo con le novità di mercato. Fortunatamente, uno dei punti di forza della nostra famiglia è sempre stato quello di cercare di capire il momento giusto per fare cambiamenti importanti e attuarli senza troppi indugi. Seguendo l’insegnamento di nostro padre, che ci spingeva sempre a fare un passo in più e non avere timore del futuro, anche noi cerchiamo di portare avanti questo atteggiamento di fiducia verso le novità di oggi che, ovviamente, si presentano sotto forme diverse e in modalità sempre più sfidanti.
Anche per quanto riguarda il rapporto con i dipendenti, ci sono stati inevitabili cambiamenti rispetto all’epoca di papà Armando. Tra le motivazioni principali, i numeri crescenti e uno stile di vita più accelerato: in quasi 75 anni di attività, siamo passati da essere 20 – 30 persone impiegate, a contare quasi 200 dipendenti tra tutte le componenti del Gruppo. Questo rende ovviamente più difficile, rispetto ai tempi passati, avere quel rapporto diretto e conoscere nomi e storie non solo di tutti i dipendenti e collaboratori, ma anche di clienti e fornitori, anch’essi cresciuti enormemente nel corso degli anni.
Nonostante ciò, noi siamo cambiati ma continuiamo a portare avanti quegli insegnamenti di rispetto e fiducia verso le persone con cui collaboriamo che, penso, continuino a contraddistinguerci come azienda aperta seria e affidabile, e a farci scegliere ogni giorno.
