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Stefano Albenga racconta: Corsica, Panda e vini Rosati

Per noi Liguri il Barbarossa evoca il re Germanico Federico che intorno al 1150 provò a conquistare Genova. Ma con astuzia e qualche palanca ce la cavammo anche quella volta.

Basti ricordare che una delle 7 cinte murarie che contornano la città prende proprio il nome di “Mura del Barbarossa” costruite per contenere le pretese di dominio del sovrano. Ora peró affrontiamo l’argomento mantenendo un filo conduttore storico di una certa importanza, parliamo quindi di un vitigno arcaico, quasi scomparso della nostra amata regione: il nome di questo grappolo é appunto Barbarossa.

Lo possiamo trovare in una zona ristretta ove ne sono rimaste tracce in un’area compresa tra i comuni di Andora e Finale.

Sull’origine del suo nome esistono varie e confuse teorie, a noi pero piace accettare quella che sostiene che il nome derivi proprio dal fatto che la conformazione ampelografica assomigli appunto ad una folta barba vermiglia.

Uno dei pochi produttori a prendere in considerazione questa chicca territoriale è il nostro Massimo Viglietti di Cascina Praié.

Infatti lui, fedele alle tradizioni locali, cura e sviluppa questa pianta dalla quale produce un piacevole vino rosato che mantiene tutte le caratteristiche tramandate dai vecchi viticoltori della zona.

Il nostro Barbarossa non é mai vinificato in purezza ma sempre in cuvée con altri uvaggi mediterranei.

La seconda grandiosa caratteristica é che il nostro “Ros’é di Cascina Praié” mantiene intatte le peculiaritá dei rosati di territorio di Ponente.

Infatti per una continuitá storica il profilo aromatico e “visivo” sono del tutto simili ai rosati della attuale costa azzurra.

Il sapore é piú sapido e tagliente con spiccata mineralitá e con un frutto contenuto. Tali soluzioni ben si adattano alla cucina di territorio (pesce, verdure), ma ancora di piú, si esaltano se degustato come aperitivo.

Se la location fosse una terrazza sul mare…chettelodicoaffare.

Tra le varie difficoltà incontrate, nello sviluppo e crescita del vigneto le principali sono state:

  • i 25 (venticinque!) chilometri di muretti a secco della sua azienda che necessitano di una manutenzione costante e puntuale.
  • La quasi totale assenza di informazioni sul vitigno; solo qualche storiella orale tramandata dai vecchi e preziosi contadini ma nulla piú. Inoltre le vecchissime viti rimaste nei vigneti non sarebbero riuscite a garantire la continuitá della produzione, perchè era impossibile ripopolare i terrazzamenti; inoltre la numerica delle piante era insufficiente per poter continuare la vinificazione.
  • Eravamo vicini all’estinzione, un pó come il Panda in Cina…
  • Si era a conoscenza di un vitigno Barbarossa prodotto in Emilia, ma dopo pochi approfondimenti é stato chiaro che fosse solo un caso di omonimia.

Il nostro produttore si perde d’animo? Assolutamente no e dopo un’ intuizione degna di un poliziesco anni 60, si reca in Corsica, antico feudo Genovese (per circa 500 anni…non proprio poco…) e trova finalmente un altro produttore :”Clos Columbu” che anche lui tra mille difficoltà e tanto sentimento continua a produrre un rosato con Uve Barbarossa, nella zona di Calvi.

Subito si crea un grande feeling tra i due produttori, grazie al quale si crea uno scambio di informazioni per migliorarsi costantemente, e soprattutto é salva la continuità della specie! Sul Panda in Cina non riusciamo ancora a garantire…

Si ringrazia Miranda Moroni per le informazioni pervenutemi.

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